Dal rapporto della Federazione Autonoma Bancari Italiani (Fabi) si evince che un punto percentuale degli stipendi delle famiglie italiane è assorbito dagli interessi sui prestiti, mutui e credito al consumo. Questa percentuale è aumentata dal 9,50% del 2019 al 10,55% di marzo dell’anno corrente e si prevede che possa aumentare a causa dell’incremento del costo del denaro. In breve, la quota delle rate rispetto al reddito disponibile continua a crescere, erodendo progressivamente il reddito delle famiglie.
Inoltre, l’Italia è divisa in due riguardo al costo dei prestiti per l’acquisto di una casa: i mutui sono meno onerosi al Nord e gli interessi sono molto alti nel Mezzogiorno e nelle Isole. Le famiglie che risiedono nel Sud, nelle Isole, in Sardegna e in Sicilia pagano tassi mediamente più alti rispetto al resto d’Italia.
Le banche applicano tassi d’interesse medi del 4,23% nelle Isole e del 4,18% nel Mezzogiorno, mentre il dato nazionale è del 4,10%. Nel Nord Ovest, i tassi medi sono pari al 4,09%, mentre nel Nord Est sono i più bassi del paese, al 3,99%.
Il segretario Fabi, Lando Maria Sileoni, ha spiegato che le differenze territoriali nei costi dei mutui dipendono da fattori di rischio, poiché il Sud e le Isole sono economicamente meno stabili rispetto al Nord, con un maggior numero di fallimenti aziendali e incertezze economiche.
Ciò aumenta il rischio per le banche, anche se recentemente c’è stata una maggiore apertura e disponibilità da parte degli istituti bancari a comprendere le difficoltà di famiglie e imprese.
Sileoni ha suggerito due strumenti per combattere l’inflazione:
1. Un aumento degli stipendi per i lavoratori con contratti scaduti.
2. Un maggiore controllo dei prezzi da parte delle istituzioni, accompagnato da sanzioni per coloro che speculano danneggiando l’economia familiare e aumentando il disagio sociale.